Pensioni, finanziamenti ai partiti e domande indiscrete

Fare e disfare è il bello del giocare

Se la coperta è troppo corta

Prepariamoci all’ennesima riforma del lavoro. La nuova pensata sembrerebbe quella di aumentare la flessibilità ripristinando i contratti a tempo determinato con uscita facilitata. L’altra chicca è quella di costringere i pensionandi a lavorare in part time e quindi con lo stipendio ridotto oppure di andare in pensione qualche anno prima con la pensione tagliata.

In questo modo però, evviva evviva, si prevede diminuirà la disoccupazione giovanile dell’8%. E così finché i ministri vanno in ritiro in ex monasteri a stelle multiple e i grillini litigano sulle rendicontazioni, il pueblo avrà di che gioire con le buone notizie. Avremo giovani assunti e licenziati a ciclo continuo (ma tanto quel che importa sono le statistiche istantanee) e “vecchi” lavoratori costretti a stare al lavoro per una pipa di tabacco oppure mandati in quiescenza a forza con pensioni da fame. Fantastico! Forse sarebbe ora che i governanti dicessero chiaro e tondo alla popolazione che essendo la coperta corta, quando la si tira da un lato l’altro si scopre. Lo Stato non ha soldi sufficienti a garantire tutti, le imprese non hanno soldi sufficienti a sopportare il peso di nuove assunzioni. La situazione di crisi non può essere risolta tirando la coperta ora di qua, ora di là, perché in ogni caso una fascia sociale debole viene penalizzata. O i signori al governo si fanno venire in mente qualche soluzione davvero geniale oppure lo sfascio, a brevissimo termine, sarà totale e non basteranno più i discorsi rassicuranti a coprire il fallimento di una classe politica ammanigliata con la finanza e il malaffare e completamente scollata dalla società.

 

Se no xe sopa xe pan bagnà…

Ebbene sì pare che questa volta il governo abbia deciso di eliminare il finanziamento pubblico ai partiti per sostituirlo con erogazioni liberali volontarie. Giusto. Parrebbe però che volessero aggiungerci anche l’uno per mille dell’Irpef, su scelta altrettanto volontaria, cosicché di nuovo una parte delle nostre tasse finirebbe nelle tasche dei politici. A me sembra che sia un modo di cambiare tutto per non cambiare nulla. Infatti che lo Stato sostenga finanziariamente i partiti in base ai loro risultati elettorali o che lo Stato rinunci all’uno per mille degli introiti delle tasse per destinarli su scelta dei cittadini ai suddetti partiti il risultato è sempre lo stesso: denaro pubblico che non finisce in servizi ma in attività politica. E così siamo punto a capo. Più elettori ha un partito e più pubblicità riesce a farsi e più è probabile che racimoli scelte, ovvero soldi, nelle dichiarazioni dei redditi. Sono comunque soldi pubblici che invece di finire nella sanità, nella scuola, nella ricerca finiscono in attività difficilmente rendicontabili e spesso opinabili. Lo Stato deve smettere di dare soldi alla politica e lasciarla alla libera iniziativa dei cittadini, senza preoccuparsi troppo delle lobby che finanziano e sponsorizzano singoli candidati o interi movimenti, visto che il problema sembrerebbe purtroppo sussistere comunque.

Nella vecchia fattoria…

Dove per fattoria non mi riferisco a quella cantata dal Quartetto Cetra ma piuttosto a quella raccontata da Orwell. Sembra proprio che i cinque stelle stiano seguendo le orme dei rivoluzionari orwelliani. L’attacco a Report in stile miniculpop non è giustificato, né giustificabile. La Gabanelli da lodata e candidata Presidente della Repubblica è diventata una prezzolata serva del potere. Fine di un grande amore, verrebbe da dire. Non mi pare però accettabile che il porre domande lecite possa essere ritenuto offensivo. Il giornalismo di inchiesta, quello vero, indaga e pone domande alle quali i diretti interessati possono rispondere in modo chiaro o rifiutare il confronto. Chiedere quanti sono gli introiti Adsense di un sito con milioni di visitatori non è una domanda da poco, specie se rivolta a qualcuno che della trasparenza fa una bandiera. Tanto per fare un esempio a questo proposito, Emergency rende pubblici i bilanci perché tutti possano vedere i soldi che entrano ed escono e rende altrettanto pubblici i risultati del suo lavoro. Non vedo cosa ci sia di sconveniente nel chiedere gli introiti ad un movimento politico. Rispondere che il blog non è organo di partito e non usa sovvenzioni pubbliche è solo aggirare il problema, è il classico nascondersi dietro ad un dito. I fedelissimi che fanno quadrato attorno al leader e urlano contro la giornalista, fino a poco prima osannata, dimostrano una scarsa sensibilità politica e democratica. Per quanto la stampa possa essere ostile gridare perennemente al complotto e sottrarsi al confronto non è un buon modo di risolvere il problema. Gli USA hanno i loro buchi neri di democrazia però in fatto di trasparenza di fondi e proventi, pubblici e personali e in fatto di pendenze penali sono intransigenti. Se in questo campo avessimo anche solo una minima parte della loro cultura politica, i dibattiti sulla ineleggibilità di personaggi con inchieste in corso o sulla chiarezza dei bilanci nemmeno si porrebbero. Qui in Italia invece basta urlare per dimostrare di avere ragione e non rispondere alle domande scomode definendole tutte pretestuose.

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