Sotto il segno del forcone

L'Italia che arranca

La protesta in Italia sta dilagando. Era inevitabile che prima o poi accadesse. E c’è da sperare che resti nei binari della semplice legittima protesta. I politici, come sempre storicamente accade, non hanno capito nulla del malcontento che serpeggiava nel paese. Non avendo, loro, il problema di come arrivare a fine mese, non avendo, loro, il problema di sapere se e quanta sarà la pensione, vivendo sostanzialmente in un’Italia diversa da quella reale, non potevano accorgersi che la situazione stava diventando massicciamente insostenibile.

Corruzione, malaffare, incapacità a governare sono state sopportate per decenni dagli Italiani perché di fondo nel magna magna globale tutti vivacchiavano e il pane non mancava. Adesso a pancia vuota la capacità di sopportazione è diminuita in modo drastico. E purtroppo in questa circostanza è facile profetizzare l’imminente avvento di qualcuno che con le buone o con le cattive mette in atto la cacciata della classe dirigente al gran completo. Cosa che probabilmente non servirebbe a nulla perché il tessuto sociale ed economico italiano è lacero. La corruzione ed il clientelismo sono ormai diventati parte del sistema. Pensare di eliminare il problema eliminando la classe politica è perlomeno ingenuo. Se un braccio è malato lo si può tagliare ma se l’infezione ha ormai contagiato tutto il corpo l’unica cura possibile è un cambio di classe dirigente accompagnato da un cambio delle coscienze. Ognuno deve fare la sua parte, attuare delle rinunce, cominciando dall’alto e proseguendo verso il basso. Bisogna smetterla di cercare sempre la via facile per raggiungere un obiettivo ma cercare di realizzarlo con la sole proprie capacità e mezzi onesti. Se gli appalti smettessero di essere pilotati, se gli imprenditori smettessero di far produrre all’estero i prodotti per risparmiare sulla manodopera, se i politici facessero il loro mestiere con competenza, se chi guadagna con lavori autonomi pagasse le tasse, se la macchina pubblica venisse ridimensionata, se le persone di talento venissero valorizzate come patrimonio nazionale e non scavalcate dagli eterni raccomandati, allora forse l’Italia tirerebbe il fiato. Cambiare solo la classe politica, con o senza forconi, è solo curare un sintomo ma non la malattia che ci sta devastando.

 

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