Senato sì, Senato no…
Riforme a gogò
La riforma del Senato che si sta delineando ha sempre più l’aspetto di un pasticciaccio. Se è vero che il nostro bicameralismo (im)perfetto va superato, il problema è come. Dice un vecchio proverbio: presto e bene di rado vanno insieme. Una riforma buttata là, tanto per dire ecco l’abbiamo fatta (e qui a Venezia qualcuno malevolo aggiungerebbe subito: bene, allora tira l’acqua…), lascia il tempo che trova.
In fondo sarebbe stato più sensato abolire una camera che allungava il brodo legislativo e ottenere così un vero risparmio. Un Senato di nominati da parte dei consigli regionali e comunali resta comunque una spesa (trasferte, sedute…) e avendo poteri dimezzati conta poco o nulla. Il commento di mia figlia (9 anni), di fronte alla mancata elezione da parte dei cittadini, è stato: “Ma allora si autoeleggono!”. Ci vuole l’ingenuità mista a buon senso spicciolo di una bambina per capire che una Camera di questo tipo è un proforma pressoché inutile e costoso. Ma la maggioranza ha deciso così, sbarrando la strada a chiunque la pensi diversamente, bollandolo come un sabotatore tiratardi. Le minoranze possono parlare, con moderazione, ma non interferire: ecco il bello della moderna democrazia.
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