Tra spie ed inganni
Oltre Orwell
Due notizie apparse sul Web in questi giorni non hanno secondo me suscitato il clamore che meritano. La prima riguarda le intercettazioni dell’NSA che riguarderebbero al 90% le conversazioni e i dati di normali, innocui e privati cittadini.
La seconda riguarda il comportamento di Facebook che avrebbe manipolato i contenuti di 700000 utenti per condurre una sperimentazione sulla diffusione virale delle emozioni.
Sembra che ormai siamo abituati a tutto e consideriamo tutto normale. Normale essere spiati nella nostra vita quotidiana, normale essere usati come cavie per il business on line. Di fronte al comportamento di Facebook avrebbe avuto senso aspettarsi una fuga in massa dal social network. Invece no. Sembra che a nessuno interessi che i propri dati vengano usati e manipolati. Che la nostra privacy, o quella che crediamo tale, venga violata quotidianamente con la scusa della sicurezza o della sperimentazione. Che la Rete non sia libera lo si sapeva, Che fosse controllata pure. Che però la maggior parte degli utenti non si ponga nemmeno il problema di come, chi e perché lavora alle sue spalle è preoccupante. E si pone una questione ancora più inquietante. Se Benjamin si poneva il problema della riproducibilità dell’arte nella società moderna, ora si pone un problema ancora più vasto e complesso, quello della falsificabilità della comunicazione nell’età postmoderna. Non si tratta infatti solo di sottrarre l'autenticità di un’opera e di danneggiare l’autore. Qui si tratta di creare delle vere e proprie onde di interferenza nel processo comunicativo. Milioni di utenti connessi ad una Rete pronta alla falsificazione possono essere manipolati e indirizzati dove vuole il committente. Si può creare uno stato d’animo fittizio positivo o negativo in base alle necessità politiche del momento. Quello che singolarmente sarebbe difficile da attuare diventa possibile con i grandi numeri. L’opinione di milioni o anche miliardi di persone fluttua in base alle esigenze di chi dirige i giochi. Siamo già ben oltre Orwell…
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