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La questione morale

Politici nella nebbia

Sono abbastanza vecchia per ricordarmi di Enrico Berlinguer segretario del PCI. E per ricordarmi di una questione che gli stava a cuore: la questione morale. Già trent’anni fa aveva chiaro il comportamento della classe dirigente italiana e vedeva la necessità di un rinnovamento di fondo politico e morale. Oggi il suo monito appare ancora più vivo. Quando sento parlare della cerchia di amicizie di Renzi, di affitti di favore, affidamenti di incarichi ad amici e conoscenti ed altre amenità, sorrido.

Sorrido perché la risposta è sempre quella, sentita troppe volte in questi anni: il fatto non ha rilevanza penale. Vero. Ma il problema è un altro: il fatto ha rilevanza morale. Nel caso di Renzi, della Cancellieri e di mille altri politici come loro quello che conta, per noi poveri mortali, non è che le loro azioni siano talmente gravi da doverli perseguire penalmente. Quello che conta è che le loro azioni si muovano in quel limbo di non perseguibilità che consiste nella gestione e nella spartizione del potere tra amici, parenti, conoscenti, sia pur forse meritevoli (ma quanti altri illustri sconosciuti sarebbero altrettanto meritevoli?). Fino a che i consigli di amministrazione della partecipate, gli incarichi di consulenza e collaborazione delle amministrazioni sono appannaggio di sindaci, governatori e presidenti che hanno il diritto e il dovere di scegliere i candidati a loro insindacabile giudizio, è chiaro che il sistema non può fare passi avanti. Fino a che non si esce dalla logica del clientelismo, della parentopoli e dell’amicopoli l’Italia non vedrà una ripresa vera. L’economia può ripartire solo se cambia il tipo di governance. Le persone non possono più essere scelte in base al manuale Cencelli o in base al grado di utilità politica o alla capacità di far favori a qualcuno. La vera novità in Italia sarebbe questa: avere uno staff politico di alto profilo intellettuale e morale scelto unicamente in virtù della professionalità e competenza. Tutto il resto sono solo chiacchiere. Se è vero che Beppe deve uscire dal blog, Matteo deve uscire dalla televendita. Nel PD i suoi fedelissimi continuano a lanciare spot pubblicitari e a parlare come imbonitori di piazza, forti del fatto che per vent’anni siamo stati imboniti dal gran maestro delle televendite. I politici sembrano ormai contare sull’assuefazione degli italiani ai consigli per gli acquisti. Ma il paese pensante e reale, quello che dovrebbe ringraziare il Principe per l’elargizione caritatevole di 100 euro al mese, vorrebbe vedere altro. Appalti trasparenti, spesa pubblica contenuta e motivata, assunzioni di persone capaci al di là di ogni ragionevole dubbio di favoritismo, onore al merito e non alla raccomandazione. Che Renzi riesca o no nel suo intento di grandi riforme, la sua prima battaglia, quella sulla moralità, l’ha già persa. I suoi grandi consiglieri della comunicazione dovrebbero spiegargli che il consenso oggi il Principe illuminato lo costruisce non tanto su una rete di amici più o meno potenti, ma sulla fiducia degli elettori, sulla lealtà a quei valori che per la gente comune sono davvero importanti. La rete di amici influenti funziona in una democrazia dimezzata in cui il popolo non è sovrano ma suddito. Se non si riesce a cambiare questo modo di pensare e di agire verrebbe da dire che dal ‘500 al 2000 sono cinquecento anni persi "pal caigo" (trad. nella nebbia).

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