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Il villaggio di Palekh

La scuola di Palekh

Palekh, pur non essendo la più antica, è senz’altro la più famosa delle quattro scuole, quella che ha ottenuto maggiori riconoscimenti in campo internazionale partecipando a numerose mostre ed attirando l’attenzione di studiosi e collezionisti. L’arte delle miniature su scatola nasce a Palekh relativamente tardi, attorno agli anni ’20, e la sua origine dipese dall’esigenza di mantenere in vita la forte tradizione artistica del villaggio dopo l’avvento della Grande Rivoluzione d’Ottobre.

Infatti l’attività principale in campo artistico dei pittori-contadini di Palekh era la pittura di icone, attività difficilmente mantenibile durante gli anni del comunismo. E così perché non andassero perduti secoli di esperienza e di tradizione, ricordiamo che i primi iconografi di Palekh si ravvisano già ai primi del ‘700, gli artisti decisero di ripiegare la produzione sui temi “laici” legati al loro mondo contadino e riuscirono in tal modo a ridare un nuovo slancio all’arte che altrimenti si sarebbe perduta. Iniziarono allora a provare e sperimentare su diversi oggetti la loro tecnica, dapprima su manufatti in legno: vasi, cofanetti… ma non ne furono soddisfatti. Perciò si rivolsero ad un altro tipo di produzione, mutuandola da Fedoskino, villaggio fuori Mosca che già dai primi dell’800 lavorava su scatoline di cartapesta. Nacque così l’arte delle miniature laccate di Palekh come reazione creativa all’imposizione del governo di non trattare temi religiosi e presto ottenne tali e tanti riconoscimenti a tutti i livelli che Venezia negli anni ’30 chiese agli artigiani di Palekh di aprire una scuola in Italia. La loro risposta fu cortese e decisa, la scuola l’avrebbero aperta solo nella loro terra e così fu. Sorse la scuola sulla base dell’esperienza dell’artel locale che gestiva la produzione. Gli artel nell’Unione Sovietica erano una sorta di cooperativa che si occupava di un particolare settore, dall’edilizia all’agricoltura, alla produzione artistica. Era in sostanza una squadra di tecnici ben affiatati che lavorava e poteva investire i proventi del lavoro. La base dell’artel di Palekh resta la pittura di icone, lo si vede dallo stile, dalle caratteristiche di paesaggi e personaggi, dall’usi dei colori naturali a base di tuorlo d’uovo, che sono tipici dell’iconografia. I temi trattati nelle miniature sono tra i più vari, ma tutti strettamente legati al mondo contadino a cui appartenevano gli artisti di Palekh. Troviamo raffigurate scene di vita contadina come la mietitura, le feste, i balli,la trojka, oppure personaggi delle bylyne russe, che sono composizioni poetiche folkloristiche, o scene delle fiabe di Puskin o delle canzoni popolari. Il legame musica e pittura è molto sentito e l’uso dei colori sembra quasi ricalcare quello delle note musicali dando l’impressione allo spettatore di movimento, luce, allegria, festosità. Comunque importante insistere sull’origine delle miniature di Palekh nell’icona, perché il suo simbolismo è la chiave per comprendere anche la rappresentazione contemporanea. Un certo uso della prospettica, noto nelle icone come prospettiva inversa, le figure allungate, le montagne appuntite, i prati disposti come una macchia di colore, i castelli dalle torri merlate sullo sfondo, gli animaletti in primo piano, tutto viene inevitabilmente ripreso dall’arte dell’icona, che in Russia non era solo un oggetto di culto, di venerazione, era anche un oggetto di arredamento, di abbellimento della casa. Da qui il gusto per l’ornamento, la ricercatezza e la minuziosità degli arabeschi i oro e argento che impreziosiscono tanto le icone quanto le scatolette.

La fiaba del pesciolino d'oro miniata su una scatoletta di Palekh

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